La notte che il nulla inghiottì la terra

sabato, 23 ottobre 2004

Luino (VA)

Teatro Sociale
Corso 25 Aprile 1945, 13

Spettacolo Teatrale di Emanuele Fant e Marco Merlini. Con Michele Bottini e il Coro A.N.A. di Milano diretto da Massimo Marchesotti. Regia di Marco Merlini. "...Zamboni io c'ho delle notizie segrete che se vieni vicino te le dico sottovoce perché sei triste: questo qui è il treno degli alpini e sarà lungo quasi tutta la Russia. Duecento tradotte ci abbiamo. Non so nemmeno se basteranno i binari. Il Battistella mi ha detto che lì saremo in cinquanta, sessanta, non so neanche quanti mila. Sai quanti siamo, Zamboni? Io neanche mi immagino come facciamo a starci tutti in Russia. La Russia è grande ma secondo me non ci stiamo mica tutti. E magari a noi ci mandano a casa. Ci facciamo altri dieci giorni e in un mese la Rita la vedi ancora. Ci facciamo un viaggio di piacere, intanto. Una volta tanto facciamo bene i turisti anche noi..." Proseguendo l'esperienza di produrre teatro, il Teatro G. Pasta sceglie un testo liberamente ispirato ai diari di Nuto Revelli, Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi, Eugenio Corti, Nelson Cenci, Berto Minozzi, Ermenegildo Moro, Giuseppe Adami, alle testimonianze dei sopravvissuti e alle lettere di coloro che non sono mai tornati. Un soldato, come un'apparizione, come un'anima insepolta e costretta a vagare, ritorna - ancora una volta - per raccontare una storia. La storia della ritirata dal Don, tragico epilogo della campagna di Russia, compiuta dall'esercito italiano tra la fine del 1942 e l'inizio del 1943. Una tragedia che ci può apparire lontana, ma che invece dobbiamo sentire attuale e tornare ogni volta a raccontare nell'epoca delle "guerre umanitarie", dei "bombardamenti chirurgici" e delle "bombe intelligenti". La narrazione prende le mosse dall'estate 1942, alla vigilia della partenza dell'Armata Italiana in Russia. Il protagonista è un alpino del Battaglione Tirano, che fa parte della Divisione Tridentina, la quale - partita dall'Italia per il Caucaso, riceverà presto l'ordine di deviare la propria marcia verso il Don, per sopperire alle ingenti perdite della Divisione Sforzesca, decimata dai russi. L'alpino Trentini Rolando è al tempo stesso narratore e protagonista del racconto: è un personaggio inventato, nato però dalla rielaborazione letteraria di alcune storie realmente accadute. Nella sua evocazione rivivono i compagni trasportati su lunghe tradotte verso le steppe della Russia, l'entusiasmo della partenza e la fiducia nel Fascismo, il ricordo del giovane amico d'infanzia Zamboni, del tenente Benvenuti, degli affetti familiari abbandonati in un'Italia lontanissima, delle prime battaglie, della vita quasi normale nella trincea sul fiume Don, dei primi freddi e dei quaranta gradi sottozero del gelido inverno russo. Il racconto s'intreccia con le note evocative della fisarmonica e l'intervento del gruppo corale, a volte prezioso tappeto sonoro, a volte interlocutore quasi fisico. Il racconto di Trentini inizia con uno stile verboso e prolisso - anche se si rifà a un linguaggio popolare - e con il procedere della vicenda diventa sempre più asciutto e preciso, mutandosi in azione. Ripercorrendo l'eroica resistenza di uomini stremati e non equipaggiati, le battaglie disperate per guadagnare la via del ritorno a casa, la bestialità delle condizioni di vita e la profonda umanità di chi - per un calcolo militare irresponsabile - si è trovato a percorrere quasi mille chilometri a piedi nella neve, riporta sulla scena la ferita aperta di un passato ingiusto e insepolto. Durata: 70'